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Channel: agosto 2015
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Tony Cattano ottetto, l’uomo poco distante, Fonterossa Records (2015)

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Cercare fonte d’ispirazione nelle proprie radici è sempre stato un must per il jazz, e la capacità “sincretica” ha fatto sì che il questa musica potesse ibridarsi con tante culture nel mondo, apparentemente anche lontane, e creare delle scuole nazionali (jazz latino, nordico, giapponese, sudafricano… le prime che vengono in mente). Anche in Italia i musicisti stanno guardando alla ricchezza del proprio patrimonio “di casa” per recuperare linguaggi antichi o sentiti nell’infanzia come scrive di aver fatto Tony Catttano ispirandosi alle musiche religiose della sua terra, Carlentini in provincia di Siracusa, Sicilia. Cattano ricorda i suoi trascorsi adolescenziali suonando con la banda del paese durante i cortei funebri. Una idea che sembra circolare per la penisola come una specie di “air du temps”, visto che so di un analogo lavoro sul folklore religioso pugliese (di Molfetta) da parte di Francesco Chiapperini.
Cattano e Chiapperini non vivono nelle loro regioni di nascita e credo che questa riappropriazione artistica delle  radici abbia a che fare con questa distanza.
In particolare il lavoro di Cattano si concentra sulle musiche eseguite dalla banda di paese durante i funerali. Inutile dire che con il jazz questo connubio non è assolutamente forzato: si pensi agli esordi di New Orleans. Cattano ovviamente scrive per un organico di jazz contemporaneo, dove quando spira l’aria del blues si tratta di una commistione raffinata (come in Blue Requiem). In generale invece sul disco domina un clima di marcia, a volte dolente, altre ironica, altre simile a un free, moderno e arcaico insieme. Un lavoro interessante, che spinge il jazz italiano più sul solco -dopo l’affrancamento dai modelli- di una indiscutibile originalità.


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